Indice

Il giuoco delle parti

 

Luigi Pirandello

Commedia in tre atti

1918

 

eISBN: 9783964543936

 


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© 2018

Mauro Liistro Editore

Some Rights Reserved

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Personaggi

 

Leone Gala

Silia, sua moglie

Guido Venanzi

Il dottor Spiga

Filippo, detto Socrate, servo di Leone Gala

Barelli

Il marchesino Miglioriti

Primo Signore ubriaco

Secondo Signore ubriaco

Terzo Signore ubriaco

Clara, cameriera di Silia

Signori e Signore dei piani di sotto e di sopra



 

In una città qualunque. Oggi.

 

Atto primo

 

Salotto in casa di Silia Gala, bizzarramente addobbato. In fondo, grande porta vetrata olandese, di vetri rossi scompartiti su intelajatura bianca che s’apre su due bande, scorrendo di qua e di là entro la parete. Aperta, lascia scorgere di là il salotto da pranzo. – La comune è nella parete di sinistra, dove è anche una finestra. Nella parete di destra è un camino; sulla mensola di esso, un orologio di bronzo. Presso al camino, un uscio.

 

Scena prima

Silia Gala, Guido Venanzi.            

              

Al levarsi della tela, la vetrata in fondo è aperta. Guido Venanzi, in abito da sera, è nel salotto da pranzo, in piedi presso la tavola, su cui si scorge una rosoliera d’argento con varie bottiglie entro gli anelli in fila. Silia, in una lieve vestaglia scollata, è nel salotto; quasi aggruppata su una poltrona, assorta.

 

GUIDO: (Offrendo dal salotto da pranzo) «Chartreuse»?

Aspetta la risposta. E poiché Silia non risponde.

«Anisette»? (e. s.) «Cognac»? (e. s.) Insomma? a mio gusto?

Versa un bicchierino d’anisette e viene a porgerlo a Silia.

Ecco.

SILIA: (Lo lascia aspettare senza scomporsi dal suo atteggiamento: poi, scrollandosi per il fastidio di vederselo lì accanto con quel bicchierino in mano) Ufff!

GUIDO: (Subito, allo sbuffo, bevendo lui d’un tratto il bicchierino e poi inchinandosi) E grazie dell’incomodo! Non ne avevo proprio nessuna voglia, per me.

Va a posare il bicchierino di là – siede – si volta a guardar Silia che s’è ricomposta nel primo atteggiamento, e dice:

Potessi almeno sapere che cos’hai!

SILIA: Se tu, in questo momento, mi credi qua...

GUIDO: Ah! non sei qua? Sei fuori?

SILIA: (Smaniosamente) Fuori, sì! fuori! fuori!

GUIDO: (Piano, dopo una pausa, come a se stesso) E dunque io qua sono solo. Benissimo. Potrei, come un ladro, approfittarmi di quello che vi trovo.

Si alza, finge di cercare intorno, le s’appressa come se non la vedesse; poi, fermandosi, con finta meraviglia.

Oh! guarda... e che cos’è? Il tuo corpo lasciato qua, su questa poltrona? Ah, me lo prendo subito!

Fa per abbracciarla.

SILIA: (Balzando in piedi e respingendolo) Finiscila! T’ho detto no! No! No!

GUIDO: Peccato! Sei già tornata a casa. Ha ragione tuo marito quando dice che il nostro fuori è sempre dentro di noi.

SILIA: È la quarta o quinta volta, ti faccio osservare, che mi parli di lui, questa sera.

GUIDO: Mi pare che sia l’unico mezzo che riesca a farmi parlare con te.

SILIA: No, caro: a rèndermiti più insoffribile!

GUIDO: Grazie.

SILIA: (Dopo una lunga pausa, con un sospiro, come se parlasse tanto lontana da sé) Lo vedevo così bene!

GUIDO: Che cosa?

SILIA: Forse l’ho letto... Ma così preciso... tutto... Con quel sorriso per niente...

GUIDO: Chi?

SILIA: Mentre faceva... non so... le mani non gliele vedevo... Ma è un mestiere che fanno lì le donne, mentre gli uomini pescano. Vicino l’Islanda, sì... certe isolette.

GUIDO: Ti sognavi... l’Islanda?

SILIA: Mah!... Vado così... vado così!

Muove le dita, per significare, in aria, con la fantasia. Pausa – poi di nuovo smaniosamente.

Deve finire! Deve finire!

Quasi aggressiva.

Capisci che così non può più durare?

GUIDO: Dici per me?

SILIA: Dico per me!

GUIDO: Già, ma... per te vuol dire per me?

SILIA: (Con fastidio) Oh Dio! Tu vedi sempre piccolo. La tua persona. Te, in ballo. Tutto circoscritto, definito. Per te, scommetto, la geografia è ancora il libro su cui da ragazzo la studiavi.

GUIDO: (Stordito) La geografia?

SILIA: Nomi da imparare a memoria, sì, per la lezione che il professore t’assegnava!

GUIDO: Ah già, che supplizio!

SILIA: Ma fiumi, montagne, paesi, isole, continenti, ci sono davvero, sai?

GUIDO: Eh... grazie...

SILIA: Mentre noi siamo qua, in questa stanza – ci sono, e ci si vive!

GUIDO: (Come se tutto a un tratto gli si facesse lume) Ah, forse vorresti... viaggiare?

SILIA: Ecco qua: io... tu... viaggiare... Dico perché tu veda un po’ fuori di te... largo... Tanta vita diversa da questa che io non posso più soffrire, qua. – Soffoco!

GUIDO: Ma che vita vorresti, scusa?

SILIA: Non lo so! Una qualunque... non così! Ah Dio, un alito... almeno un alito di speranza, che mi schiudesse appena appena, nell’avvenire, uno spiraglio! Ti giuro che me ne resterei ferma, qua, a respirare soltanto il refrigerio di questa speranza, senza correre ad affacciarmi alla finestra a vedere che cosa c’è di là per me!

GUIDO: Come se fossi in una carcere!

SILIA: Ma sono, in una carcere!

GUIDO: E chi ti ci tiene?

SILIA: Tu... tutti... io stessa... questo mio corpo, quando mi dimentico che è di donna, e nossignori, non me ne debbo mai dimenticare, dal modo come tutti mi guardano... come sono fatta... Me ne scordo... chi ci pensa?... guardo... Ed ecco, tutt’a un tratto, certi occhi... Oh Dio! scoppio a ridere, tante volte... Ma già, dico tra me. Davvero, io sono donna, sono donna...

GUIDO: E mi pare, scusa, che non avresti ragione di lagnartene.

SILIA: Già perché... piaccio.

Pausa. Poi:

Resterebbe da vedere quanto in questo poi c’entri anche il mio piacere, d’esser donna, quando non vorrei.

GUIDO: (Lento, staccato) Come questa sera.

SILIA: Il gusto, d’esser donna, non l’ho provato mai.

GUIDO: Neanche per far soffrire un uomo?

SILIA: Ah, forse per questo sì, spesso.

GUIDO: (C.s.) Come questa sera.

Pausa.

SILIA: (Dopo essere rimasta un po’ assorta, con angoscia esasperata) Ma la propria vita... quella che nessuno confida, neanche a se stesso!

GUIDO: Come dici?

SILIA: Non t’è mai avvenuto di scoprirti improvvisamente in uno specchio, mentre stai vivendo senza pensarti, che la tua stessa immagine ti sembra quella d’un estraneo, che subito ti turba, ti sconcerta, ti guasta tutto, richiamandoti a te, che so, per rialzarti una ciocca di capelli che t’è scivolata sulla fronte?

GUIDO: Ebbene?

SILIA: Questo maledetto specchio, che sono gli occhi degli altri, e i nostri stessi, quando non ci servono per guardare gli altri, ma per vederci, come ci conviene vivere... come dobbiamo vivere... Io non ne posso più!

Pausa.

GUIDO: (Appressandosi) Vuoi che ti dica sinceramente perché tu smanii così?

SILIA: (Pronta, recisa) Perché tu mi stai davanti.

GUIDO: (Restando male) Ah, grazie. Allora, me ne vado?

SILIA: (Subito) Faresti bene, faresti bene.

GUIDO: (Dolente) Ma perché, Silia?

SILIA: Perché non voglio che...

GUIDO: (Interrompendo) No, dico... mi tratti così male?

SILIA: Non ti tratto male! Voglio che non ti si veda troppo qua, ecco.

GUIDO: Ma che troppo! Se non vengo quasi mai! Sara più d’una settimana dall’ultima volta, scusa. Si vede che per te il tempo passa troppo presto.

SILIA: Presto? un’eternità!

GUIDO: E allora dici che, nella tua vita, io, non ci sono.

SILIA: (Infastidita) Oh Dio, Guido, per carità...

GUIDO: T’ho aspettata ogni giorno! Non ti fai più vedere...

SILIA: Ma che vuoi vedere! Non vedi come sono?

GUIDO: Perché non sai tu stessa quello che vuoi... e invochi, così, senza saper quale, una speranza che t’apra uno spiraglio nell’avvenire.

SILIA: Già, perché, secondo te, dovrei andarci con un filo tra le dita, io, verso l’avvenire, a prender le misure: tanto posso volerlo, e di più no: come per i mobili, quando si va in una casa nuova.

GUIDO: Se ti fa piacere credermi un pedante...

SILIA: Ma sì, caro! Mi sembra uno sbadiglio tutto quello che mi dici.

GUIDO: Grazie.

SILIA: Vorresti farmi capire che ho avuto tutto quello che potevo volere, e che ora smanio così (lo dici tu) perché vorrei l’impossibile, è vero? Non è saggio. Eh, lo so... Ma che vuoi farci? Voglio l’impossibile!

GUIDO: Ma per esempio?

SILIA: Per esempio... Ma che ho avuto io, mi sai tu dire che ho avuto, di che dovrei contentarmi?

GUIDO: Ma io non dico neanche contentarti, se non te ne contenti...

SILIA: E che dici allora?

GUIDO: È questione di misura, contentarsi. Uno si contenta di tanto,

fa segno col pollice sul mignolo

un altro ha tutto e non se ne contenta.

SILIA: Io ho tutto?

GUIDO: No... dico...

SILIA: Spiegati!

GUIDO: Ma spiega tu piuttosto, che altro vorresti?

SILIA: (Come se parlasse lui) Ricca... padrona di me... libera...

A un tratto cangiando e infiammandosi.

Ma non hai ancora capito che questa è stata la sua vendetta?

GUIDO: Per causa tua! Perché tu non sai approfittarti della libertà ch’egli t’ha data

SILIA: – di lasciarmi amare da te, o da un altro... di starmene qua, o altrove, libera, liberissima... (e. s.) Ma se non sono mai io!

GUIDO: Come non sei tu?

SILIA: Io, libera di disporre di me, come se non ci fosse nessuno!

GUIDO: E chi c’è?

SILIA: Lui! Io vedo sempre lui che me l’ha data, questa libertà come una cosa da nulla, andandosene a vivere per conto suo, e dopo avermi dimostrato tre anni, che non esiste, questa famosa libertà, perché, comunque possa avvalermene, sarò sempre schiava... anche di quella sua seggiola là, guarda! Che mi sta davanti come qualche cosa che vuol essere una sua seggiola, e non una cosa per me, fatta perché io ci segga!

GUIDO: Ma questa è una fissazione, scusa!

SILIA: Io ho l’incubo di quest’uomo!

GUIDO: Non lo vedi mai!

SILIA: Ma c’è! c’è! E l’incubo non mi passerà mai, finché so ch’egli c’è! Ah Dio, morisse!

GUIDO: Scusa, non seguita a venire, sì e no, la sera, per una mezz’oretta soltanto?

SILIA: Non viene neanche più! Mentre è nei patti che deve venire, deve venire da me ogni sera, per mezz’ora. Ogni sera!

GUIDO: E viene difatti. Non sale. Ti fa domandare dalla cameriera se non c’è nulla di nuovo...

SILIA: Nossignore. Deve salire, deve salire. E deve stare qua, mezz’ora, ogni sera, com’è nei patti.

GUIDO: Scusa... se dici...